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Omaggio a Vittorio Monaco (1941-2009).

monaco Con l'apertura di una nuova sezione nell'area download di questo sito l'Associazione Culturale "Pietro De Stephanis" intende fare un omaggio alla memoria di Vittorio Monaco, che dell'Associazione è stato uno dei più attivi sostenitori. La prima opera che riproponiamo, in formato digitale, è il volume Avame pepe e re (L'Aquila, 1980).

La scelta di questo libro non è stata casuale. Per chi si è occupato - e continua a farlo - di cultura in questo paese Avàme pèpe e ré (così andrebbe accentato per non creare equivoci linguistici) ha rappresentato un inizio di molti progetti: politici, culturali, sociali...


Si tratta, innanzitutto, di un libro politico, concepito e realizzato come un atto di cultura politica. Come recita il risvolto di copertina, fu «pubblicato a cura della sezione P.C.I. di Pettorano sul Gizio». Una sezione di partito (per lo più comunista) si  impegnò nella pubblicazione di un libro di poesie: in quei tempi non era certo una pratica frequente nel panorama politico nazionale, se solo si considera quanto erano invece impegnati in altre faccende gli altri partiti. Tuttavia, questo dato conferma la visione pasoliniana di un Partito Comunista "diverso" in quanto culturalmente radicato nei valori della tradizione storica, sociale e letteraria dell'Italia. Ovviamente l'input per questa operazione venne da Vittorio, il quale però riuscì a coinvolgere emotivamente tutti coloro che all'epoca facevano riferimento all'area del Partito. Un coinvolgimento che aveva il sapore di uno schieramento, di una presa di posizione netta e chiara, che costringeva molti a fare i conti con la propria storia (personale e collettiva).

Se si considera l'articolato contenuto del libro - sebbene racchiuso in un breve giro di pagine - si comprende la singolarità di quella che era solo la seconda raccolta di versi di Vittorio, dopo Castagne pazze (Sulmona, 1977). Da qui sono nati alcuni nuclei tematici cari a lui e che in seguito sono diventati per lui ed altri anche percorsi di ricerca: le condizioni sociali ed esistenziali dei carbonai e degli emigranti, la cultura sconfitta del mondo contadino, le radici antiche della ‘"lotta di classe".

Sotto la parola "mito" Vittorio ha raggruppato quelli che lui considerava gli elementi essenziali di una vita degna di essere raccontata: l'infanzia vissuta in una collettività solidale; il tempo dell'amore, andato disperso per l'inesorabile trascorrere dei giorni; il tempo dell'amicizia incondizionata, che poi si è rivelata minata nei suoi valori più profondi dalla corruzione del progresso e della modernità. Sono state messe "in scena" (infatti, in alcuni casi il testo diventa quasi canovaccio per una rappresentzione teatrale) le sconfitte sociali dei carbonai e dei braccianti, sfruttati in un sistema di potere dominato dai signorotti locali, ed in questa insopportabile condizione di vita è stata individuata la causa principe dell'emigrazione verso altre nazioni. Il mondo contadino, insomma, risulta essersi "disfatto", secondo la lezione pasoliniana, e la ragione - secondo Vittorio - deve essere ricercata anche in questo svuotamento feroce e violento di risorse umane, praticato attraverso l'emigrazione coatta. Le classi dirigenti locali - discorso che anderebbe ovviamente esteso a tutto il sud dell'Italia - hanno avuto la responsabilità di questo esodo di persone, le quali hanno portato via con sé la prassi della antica cultura contadina. Il tempo presente, proprio a causa di questa verisimile analisi, è stato da lui rappresentato con la metafora del "mare", secondo la quale l'unico sentimento possibile ed ammissibile è quello della "nostalgia", nel senso etimologico della parola, vale a dire di dolore provato da parte di chi è ‘dovuto' andare via, ha ‘dovuto' affrontare un viaggio per la sopravvivenza, e che sa di non poter tornare - nonostante il forte desiderio - in patria. Il mare è una metafora valida anche per quanti sono rimasti a casa: loro sono stati travolti ineluttabilmente da un naufragio dei valori antichi - tutti i valori antichi! - compresi quelli cristiani. Un tale spaesamento ha avuto come conseguenze il labile dispiegamento delle energie di un tempo, la scarsa considerazione attribuita alla lotta civile per cambiare il mondo, la negazione di un "senso" e di una "funzione" dell'uomo "nell'universo del Potere". L'impegno politico, infine, è visto non come una soluzione possibile per ricostruire un mondo migliore sulla base di nuovi valori, ma come azione auto-appagante, che alimenta sé stessa tramite un cosciente gioco della finzione ("... lo sapevamo, lo abbiamo sempre saputo...").

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